Dopo l’armonizzazione dei francesi e le richieste delle Associazioni di categoria italiane, il canale distributivo spagnolo (T. O. e Associazioni) chiede la riduzione dell'aliquota Iva dal 16 al 7%. Sono quattordici tra tour operator e AdV e otto le associazioni di categoria che hanno richiesto al Governo spagnolo la riduzione dell'imposta, equiparandola a quella applicata agli altri comparti del settore, come quello ricettivo, della ristorazione e dei trasporti.
Uno studio effettuato dalla Commissione Europea, nel luglio del 2005, aveva comparato le percentuali dell’aliquota dell’Imposta (comunitaria) sul Valore Aggiunto, che veniva applicata nel settore degli alberghi e della ristorazione, all’interno del mercato europeo.
Molti Paesi membri prevedevano per il settore alberghiero e per quello della ristorazione una differente imposizione fiscale indiretta.
Dai dati rilevati emergeva che, il Paese con il prelievo fiscale più contenuto, era il Lussemburgo, con un’aliquota Iva (uguale per la ricettività e per la ristorazione) fissa al 3% e quello con l’imposizione più pesante risultava il Regno Unito con un’aliquota del 17,5%.
All’interno del range, l’Italia con il 10% per gli hotel e la ristorazione, insieme all’Austria, però con punte del 20% per le prestazioni rese in pubblici esercizi di categoria lusso e per gli stabilimenti balneari.
Un’imposizione più elevata, si registrava solo per l’Irlanda (13,5%) e per la Svezia (12% per la ricettività e 25% per la ristorazione), mentre il resto dei Paesi membri applicava aliquote più contenute: la Grecia con l’aliquota del 9%, la Slovenia dell’8,5%, la Spagna del 7% e i Paesi Bassi al 6%. Altri Paesi applicavano aliquote differenziate come il Belgio che a fronte di un’aliquota ridotta del 6% per gli alberghi applicava l’aliquota del 21% per i ristoranti, la Francia che prevedeva una aliquota Iva pari al 5,5% per il comparto alberghiero e 19,6% per quello della ristorazione; il Portogallo che posizionava la misura dell’imposta al 5% per la ricettività e al 12% per la ristorazione.
Quest’anno, per cercare di mitigare gli effetti della crisi economica, il Presidente francese armonizza le aliquote abbassando l’Iva alla ristorazione dal 19,6% al 5,5% e in Spagna, dove l’aliquota è già inferiore alla nostra (7%), si chiede l’estensione al settore della commercializzazione dei prodotti turistici.
La Francia è riuscita a superare i pareri negativi della Comunità Europea e stima che l’iniziativa produrrà ventimila nuovi posti di lavoro e ventimila contratti per apprendisti entro tre anni.
Mentre in Italia ancora si discute su una eventuale riduzione di aliquota ed equiparazione per le prestazioni degli stabilimenti balneari, i nostri diretti competitori già godono di aliquote inferiori che permettono politiche di pricing consentite dall’imposizione fiscale.
Bisogna però riconoscere che un primo passo è stato fatto per il turismo d’affari che può detrarre l’imposta per le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande (Finanziaria 2007), ma calata su questa situazione, immaginate chi sfrutterà meglio una strategia di promozione sul turismo di massa condivisa tra Italia, Francia e Spagna come previsto dall’accordo siglato dal nostro nuovo Ministero.
Uno studio effettuato dalla Commissione Europea, nel luglio del 2005, aveva comparato le percentuali dell’aliquota dell’Imposta (comunitaria) sul Valore Aggiunto, che veniva applicata nel settore degli alberghi e della ristorazione, all’interno del mercato europeo.
Molti Paesi membri prevedevano per il settore alberghiero e per quello della ristorazione una differente imposizione fiscale indiretta.
Dai dati rilevati emergeva che, il Paese con il prelievo fiscale più contenuto, era il Lussemburgo, con un’aliquota Iva (uguale per la ricettività e per la ristorazione) fissa al 3% e quello con l’imposizione più pesante risultava il Regno Unito con un’aliquota del 17,5%.
All’interno del range, l’Italia con il 10% per gli hotel e la ristorazione, insieme all’Austria, però con punte del 20% per le prestazioni rese in pubblici esercizi di categoria lusso e per gli stabilimenti balneari.
Un’imposizione più elevata, si registrava solo per l’Irlanda (13,5%) e per la Svezia (12% per la ricettività e 25% per la ristorazione), mentre il resto dei Paesi membri applicava aliquote più contenute: la Grecia con l’aliquota del 9%, la Slovenia dell’8,5%, la Spagna del 7% e i Paesi Bassi al 6%. Altri Paesi applicavano aliquote differenziate come il Belgio che a fronte di un’aliquota ridotta del 6% per gli alberghi applicava l’aliquota del 21% per i ristoranti, la Francia che prevedeva una aliquota Iva pari al 5,5% per il comparto alberghiero e 19,6% per quello della ristorazione; il Portogallo che posizionava la misura dell’imposta al 5% per la ricettività e al 12% per la ristorazione.
Quest’anno, per cercare di mitigare gli effetti della crisi economica, il Presidente francese armonizza le aliquote abbassando l’Iva alla ristorazione dal 19,6% al 5,5% e in Spagna, dove l’aliquota è già inferiore alla nostra (7%), si chiede l’estensione al settore della commercializzazione dei prodotti turistici.
La Francia è riuscita a superare i pareri negativi della Comunità Europea e stima che l’iniziativa produrrà ventimila nuovi posti di lavoro e ventimila contratti per apprendisti entro tre anni.
Mentre in Italia ancora si discute su una eventuale riduzione di aliquota ed equiparazione per le prestazioni degli stabilimenti balneari, i nostri diretti competitori già godono di aliquote inferiori che permettono politiche di pricing consentite dall’imposizione fiscale.
Bisogna però riconoscere che un primo passo è stato fatto per il turismo d’affari che può detrarre l’imposta per le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande (Finanziaria 2007), ma calata su questa situazione, immaginate chi sfrutterà meglio una strategia di promozione sul turismo di massa condivisa tra Italia, Francia e Spagna come previsto dall’accordo siglato dal nostro nuovo Ministero.
PS.: La Comunità Europea raccomanda di non scendere sotto il 5%.
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