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martedì 1 dicembre 2009

Categoria a rischio estinzione: balneatori.


Oltre 5.000 imprenditori balneari sono attesi per il 1° dicembre a Roma presso l'Auditorium di S. Cecilia in via della Conciliazione n. 4 per l'Assemblea Generale. Gli operatori attendevano “precisi impegni da parte del Governo, ne va della stessa sopravvivenza del turismo italiano” e mette “in pericolo 28.000 imprese, 400.000 posti di lavoro, l'integrità ambientale delle coste ma, soprattutto, la stessa immagine turistica dell'Italia”.

Realmente gli stabilimenti balneari non sono altro che una delle componenti di una delle tipologie del turismo, quella balneare tradizionale. Esistono tante altre forme di turismo a cominciare dallo sci invernale che tra breve inizierà la sua stagione. E’ pur vero però che senza di essi è difficile proporre e vendere il turismo mare.
Ma se la preoccupazione degli imprenditori della spiaggia è quella della “sopravvivenza del turismo” o dell’integrità ambientale o ancora dell’immagine possono da subito riconsegnare le concessioni in modo da consentire alle Amministrazioni pubbliche di procedere per tempo alle nuove assegnazioni in modo che per la prossima stagione estiva tutto sia pronto.

A prescindere dalla provocazione, la lobby dei balneatori è di nuovo sul piede di guerra paventando la chiusura di circa 13.000 imprese del settore (cfr. comunicato stampa FIB – ma quante sono?). Dopo le periodiche lotte per stabilire i canoni demaniali, oggi scendono in campo per recuperare il “diritto di insistenza” che è stato dichiarato incompatibile con la normativa europea (cfr. procedura di infrazione n. 2008/4908). Già oggi, il contrasto tra la normativa statale (rinnovi sessennali automatici) e l'ordinamento comunitario, comporta la disapplicazione della disciplina nazionale e impone l'obbligo di tale disapplicazione non solo ai giudici, ma anche a tutti gli organi dello Stato comprese le più diverse Autorità Amministrative.

L’allarme della chiusura di migliaia di imprese risulta pretestuoso poiché vige un altro principio di preferenza che non è stato impugnato e cioè, la tutela dell'ambiente costiero che secondo l'art. 37 del cod. nav., così come novellato dalla legge 494/1993, nel caso di nuove concessioni turistico-ricreative, occorre assegnare preferenza, alle richieste "che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili". Di conseguenza, se in passato le assegnazioni sono avvenute nel rispetto della suddetta preferenza non c’è da preoccuparsi verranno ri-assegante agli stessi soggetti poiché solo in caso mancanza di ragioni di preferenza, il rilascio della concessione avviene a chi offre il canone annuo maggiore. E se poi, malauguratamente le concessioni non dovessero essere rinnovate agli stessi soggetti, saranno altre imprese ad ottenerle e quindi, a far si che le spiagge non rimangano “deserte” e che si rispetti la “ratio” della demanialità è cioè la conservazione dell’uso pubblico cui il bene è destinato.

Il diritto di insistenza consisteva nell’interesse dei concessionari, ad essere preferiti, alla scadenza della concessione, ad altri aspiranti nella scelta del nuovo concessionario. L’ordinamento giuridico italiano considerava la posizione di colui che già si trova in una determinata situazione e che, quindi, avrebbe potuto patire un nocumento dal venir meno della concessione.
La pretesa che però deve essere espressamente riconosciuta dalla legge o dall'autonomia contrattuale delle parti (cfr. Sez. V, 9 dicembre 2002, n. 6764; 27 ottobre 2000 n. 5743), non è tutelata incondizionatamente, bensì incontra un limite nella discrezionalità dell'amministrazione (cfr. Sez. IV, 29 novembre 2000, n. 6321; Sez. IV, 1° ottobre 1993, n. 817).
In altre parole, se la normativa di assegnazione non la prevede espressamente il diritto non può essere fatto valere ovvero se la licitazione privata di assegnazione non considera il diritto in argomento, esso non è esercitatile.

Nel tempo e con la delega delle competenze, prima dallo Stato alle Regioni e poi ai Comuni, il diritto di insistenza previsto dall'art. 37 codice della navigazione è stato diversamente recepito nei vari ordinamenti.

Vivendo in una città di mare, è da bambino che frequento gli stabilimenti balneari ed ho avuto modo di conoscere i genitori ed i nonni di alcuni degli attuali “balneatori”, così come il praticantato e poi, l’esercizio, seppur breve, della professione di Dottore Commercialista mi ha consentito di conoscere le cosiddette “vendite” di alcune concessioni.
Grazie al rinnovo tacito o automatico, alla varie prelazioni, dal diritto di insistenza a quello di subentro, le concessioni vengono “confermate” quasi sempre agli stessi soggetti (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 24-07-2009, n. 4675) che spesso si trasformano da ditte individuali diventano imprese familiari o coniugali ed a volte società di persone che naturalmente possono cedere le quote sociali pur restando lo stesso soggetto giuridico. Ed ancora più facilmente se l’iniziale concessione era stata acquisita da una società di capitale.
In queste “cessioni” poi, l’importo del reale avviamento commerciale non viene determinato dalla capacità dell’azienda di produrre reddito, bensì dalla estensione dell’arenile e dagli immobili esistenti che grazie al diritto di insistenza vengono considerati al pari dell’edilizia convenzionata (concessione novantanovennale del terreno).
In pratica, il diritto di insistenza consente di trasformare una concessione a termine, in una a tempo indeterminato, ultra-vitalizia.

Il comportamento, che può apparire fiscalmente elusivo, viene anche premiato con incentivi fiscali in caso di aggregazione.

Forse, la spiaggia è entrata nella disponibilità del privato diventando di fatto una vera e propria “proprietà privata” cessando quindi, la sua funzione di proprietà pubblica (i beni pubblici sono tutti quei beni appartenenti allo Stato o ad altri Enti pubblici e destinati alla soddisfazione di interessi pubblici).

Il concessionario, come il proprietario, può alienare il bene, cioè può realizzare il valore di scambio che esso ha attraverso una super valutazione dell’avviamento commerciale. Può darlo in locazione, insieme alle attrezzature mobili o immobili insistenti sull’area, maggiorando il canone dell’affitto aziendale. Può cederlo agli eredi con o senza testamento.
Come un qualsiasi altro proprietario di una cosa dovrebbe però rispettare i limiti che la legge stabilisce ed adempiere gli obblighi che la stessa gli impone.

Senza voler entrare nel merito della procedura di infrazione della Commissione Europea che apre le concessioni al libero mercato, la stessa Costituzione italiana (art. 42) stabilisce, non per i beni pubblici, ma per la proprietà privata, che essa deve essere riconosciuta e garantita dalla legge, la quale ne determina i modi di acquisto, di godimento, ma anche i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

La proprietà privata può essere limitata come la proprietà terriera può essere sottoposta a vincoli o ad obblighi al fine di stabilire degli equi rapporti sociali (art. 44 cost.).
La Costituzione considera anche la relazione che esiste tra i diritti del proprietario e gli interessi che i soggetti non proprietari possono legittimamente avere nei confronti dei medesimi beni.

Come per le concessioni la pretesa non è tutelata incondizionatamente, bensì incontra dei limiti finalizzati al soddisfacimento di interessi pubblici. Anche il diritto di proprietà di un privato si arresta in ragione dell’adempimento di quei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale che sono richiamati in termini generali dall’art. 2 e che l’art. 42 specifica.
La Carta impone al legislatore ordinario di realizzare un’attenta ponderazione tra l’interesse individuale e quello sociale in relazione alle caratteristiche dei beni (sentenza 252/83).

Se quanto premesso ha un minimo di validità, la soluzione al problema posto dai balneatori appare di una logica sorprendente anche se paradossale: come richiesto dai balneatori potrebbe adottarsi la disciplina dell’esproprio per pubblico interesse, prevista per la proprietà privata, e per il quale è atteso un equo indennizzo.
Una norma transitoria potrebbe prevedere che l’indennizzo sborsato dall’Amministrazione possa essere successivamente recuperata dal vincitore della licitazione privata che assegna una nuova concessione che, a questo punto, potrebbe anche essere ventennale.

Ma l’approccio alla tematica non può non tener conto del nuovo concetto di etica pubblica, nella convinzione che il fine di ogni soggetto pubblico, e di ogni agire privato, debba essere il rispetto e lo sviluppo del “bene comune”.
L’interesse ‘privato’ di terzi può, certo, coesistere con l’interesse pubblico, ma non deve essere la finalità prevalente: può essere solo un ‘interesse legittimo’, ‘occasionalmente protetto”.
Questo criterio generale dell’interesse pubblico, come interesse prevalente rispetto agli interessi privati che possono coincidere o confliggere con esso, vale anche – sia pure in misura minore – nei rapporti tra enti e privati, siano essi cittadini o imprese.
Il singolo legittimamente rappresenta e chiede la tutela di specifici interessi, personali, di gruppo; ma non deve farlo senza tener conto dell’interesse generale, non essendo lecito per nessuno considerare la pubblica istituzione come una ‘greppia’ sulla quale gettarsi senza ritegno
”.

1 commento:

Anonimo ha detto...

«Le concessioni in essere alla data di entrata in vigore della presente legge e in scadenza entro il 31 dicembre 2014 sono prorogate sino a tale data». Questa la sostanza del provvedimento che il ministro Fitto proporrà alla Commissione europea al fine di chiudere la procedura d’infrazione nella quale si contestano le norme nazionali relative al rinnovo automatico delle concessioni demaniali in quanto violerebbero le norme comunitarie di concorrenza, e in particolare la direttiva del 2006 relativa ai servizi nel mercato interno.
Post su http://ilnuovoterritorio.blogspot.com/2009/12/stabilimenti-balneari-leconomia.html